“Uno sguardo che genera” è il titolo della lettera pastorale che il Vescovo Francesco ci ha scritto quest’anno e l’icona che l’accompagna è quella dell’Annunciazione.
Ci piace pensare e raccontare che le Comunità Ecclesiali Territoriali siano il frutto di uno sguardo generativo, lo sguardo che il vescovo ha posato sulle nostre comunità nelle visite fatte in questi nove anni.
Sguardo generativo: dunque le CET non sono una riforma, ma una novità.
Certo hanno in sé i geni della nostra storia, la storia delle nostre Parrocchie, delle persone e delle esperienze che ci hanno preceduti, ma non sono riforma di qualcosa di esistente, ma generazione di qualcosa di nuovo: una novità appunto, un invito ad aprire orizzonti, a fare spazio, a lasciare germogliare, a non avere paura dell’ignoto.
La prima novità che si coglie, la più facile da spiegare, è l’aspetto geografico: nella nostra diocesi prima le parrocchie erano raggruppate in Vicariati (erano 28), ora invece si parla di Comunità Ecclesiali (sono 13).
Noi facevamo parte del vicariato n.14, di Clusone e Ponte Nossa, n.7 di GromoArdesio e n.28 della Valle di Scalve; ora invece apparteniamo alla CET n.2.
Un territorio più ampio, che presenta gli stessi confini dell’Ambito territoriale n.9.
Questa coincidenza geografica è uno degli aspetti che esprime la vicinanza al contesto territoriale e sociale da parte della Chiesa di Bergamo.
Obiettivo delle CET è evangelizzare cioè rendere presente nel mondo il regno di Dio.
E qui qualcuno potrebbe dire che non è certo una novità!
Ma il Vangelo è “buona nuova” in ogni luogo e ogni tempo.
La novità nell’obiettivo si trova nel legame fra Vangelo e Storia, fra fede e vita, fra Chiesa e Mondo.
Il Vangelo è sempre lo stesso, la storia cambia e così si riformula l’esito: mettendo continuamente in relazione Vangelo e Storia dobbiamo continuamente riformulare il nostro essere cristiani.
Altro elemento di novità è il ruolo del laico.
La teologia del laicato è presente nei testi del Concilio Vaticano II , ma la CET è novità perché mette al centro i laici, o meglio i cristiani testimoni, quali protagonisti dell’evangelizzazione.
Sono i laici che vivendo dentro la quotidianità, immersi nella storia, possono essere lievito e sale.
Cristiani testimoni sono poi quelli che hanno sguardi generativi: guardano al mondo, alla storia e all’oggi con uno sguardo capace di vedervi il Regno di Dio, con uno sguardo che genera bene, benevolenza e, mostrando il bello del mondo, contribuisce a generare un mondo più bello.
Il protagonismo dei laici si evidenzia nel fatto che le terre esistenziali sono affidate a i cinque coordinatori.
I coordinatori delle terre esistenziali sono:
Giovanni Zucchelli di Valcanale di Ardesio, 32 anni, insegna storia della filosofia all’università di Bergamo, ha il compito di coordinare “le forme della tradizione”.
Ecco cosa dice:
“La Terra Esistenziale riguardante la Tradizione consiste dunque in una sorta di deposito della fede e dell’esperienza cristiana da passare alle nuove generazioni. Con il termine Tradizione non si intende però parlare di una semplice ripetizione di dottrine e rituali del passato, ma della ricerca del senso profondo che ha portato alla loro istituzione“.
Ad Alex Borlini di Gorno, 32 anni, ingegnere, con esperienza come amministratore comunale e presidente del GAL (Gruppo Azione Locale) è affidata la Cittadinanza che per lui è:
l’ambito in cui si esprime la dimensione dell’appartenenza sociale e civile ove il “Cittadino cristiano” è chiamato a fare quanto nelle sue possibilità per la città perché è amico delle donne e degli uomini e della loro libertà, consapevole che essi “possono volgersi al bene soltanto nella libertà”.
Fabio Barcella 35 anni di Clusone, imprenditore, marito e padre è chiamato (a lui questa parola piace molto) ad occuparsi di Famiglia e Relazioni d’Amore e dice:
“Credo che uno det compiti principali di questa terra sia quello di promuovere la Gioia del vivere da famiglia cristiana. Nel rapporto con i nostri conoscenti e amici emerge sempre una sorta di pessimismo o di sfiducia, sembra sempre che a prevalere siano le ansie, le paure, le difficoltà. Credo sia importante dimostrare che è possibile vivere con gioia, è possibile avere fiducia, è possibile aprire le nostre famiglie all’esterno! C’è spazio per gli altri, c’è tempo per gli altri. Dobbiamo trasmettere la certezza che il nostro bicchiere è clamorosamente pieno e che quindi c’è la possibilità di condividere, di donare, di farsi carico.”
Rosa Sarcone, di Rovetta, assistente sociale, moglie, madre, donna appassionata della sua comunità e del suo lavoro (e delle donne l’età non si dice) coordina la terra esistenziale della fragilità,
un’esperienza umana che, quando nasce, non si spegne mai, invita e imprime alle cose che vengono fatte, alle parole che vengono dette, il sigillo della delicatezza e dell’accoglienza, della comprensione e dell’ascolto, dell’intuizione dell’indicibile che si nasconde nel dicibile. Occorre maturare uno stile di vita verso sé stessi e gli altri: l’esistenza di ognuno è fragile e in ogni relazione umana si viene in contatto con altre fragilità.
Giorgio Capovilla, 67 anni, ha alle spalle storie di affetti, lavoro, fragilità, cittadinanza, che lo avrebbero reso coordinatore di una qualsiasi delle terre esistenziali; a lui è stato affidato l’ambito della festa e del lavoro che coniuga in questo modo:
“Vi è la necessità di invertire, da un punto di vista cristiano, il rapporto tra lavoro e festa: non è soltanto il lavoro a trovare compimento nella festa come occasione di riposo, ma è soprattutto quest’ultima il giorno della gratuità e del dono che “risuscita” il lavoro a servizio dell’edificazione della comunità.”
Segretario della Cet è Edi Oprandi, di san Lorenzo di Rovetta. Moglie, madre, nonna, lavora in una cooperativa sociale e il suo compito e quello di collaborare con l’ufficio del Vicario territoriale in tutto ciò che comporta i suoi compiti e le finalità della CET.
Di questa riforma ama la parola “novità” e dice che:
“il camminare insieme, la nostra capacità di pensare insieme, di vivere una relazione fraterna, tutti con pari dignità potrà essere già un segno di questa novità che la riforma propone.”
Questi sei laici sono stati nominati dal Vicario don Giuliano Borlini, parroco di Clusone, il quale ha indicato come parole guida di questo cammino l’entusiasmo, l’ascolto, il camminare insieme e il lasciar da parte l’ansia dei risultati.
Il vescovo ci offre un modo nuovo di procedere nel cammino delle CET:
non si parla di progetto, ma di processo,
in cui non dobbiamo pensare subito, da bravi bergamaschi, a cosa fare, ma curare il nostro incontrarci, “perdere tempo” nel costruire relazioni fraterne.
La CET suggerisce la leggerezza: non vuole aggiungere altri carichi ed impegni ai tanti che abbiamo, ma offrire la possibilità di quello sguardo generativo che coglie e gusta ciò che già c’è e già viviamo quotidianamente.