A Breve sarà costituito il Consiglio Pastorale dell’Unità Pastorale che fra l’altro avrà il compito di aiutare le comunità parrocchiali della nostra valle a camminare con tutta la Diocesi sotto la guida del Vescovo.
Perciò pubblichiamo l’inizio della lettera pastorale che il Vescovo ci ha consegnato per questo anno pastorale 2020-2021.
Il testo completo si può trovare sul sito della Diocesi Diocesi di Bergamo (diocesibg.it) a questo link:
Lettera Pastorale 2020-2021:
Care sorelle e fratelli,
nei mesi scorsi abbiamo condiviso un’esperienza unica, contrassegnata da tanto dolore: sappiamo che il pericolo del contagio è ancora presente e siamo consapevoli di quello che può rappresentare.
Nello stesso tempo, avvertiamo che la morsa si è allentata e ci interroghiamo su ciò che ci attende.
Espressioni enfatiche come “niente sarà come prima” o “andrà tutto bene” stanno perdendo forza e lasciano spazio a sentimenti diversi, come diverse sono state le vicende che comunità e famiglie hanno vissuto.
Il vissuto da non sprecare: un enorme patrimonio
“Perché peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi”
Senza la pretesa di essere esaustivo, metto in fila una serie di sentimenti che abbiamo sperimentato in questo tempo: siamo passati dalla noncuranza allo sgomento e poi alla paura, alla fatica, al dolore, allo strazio; abbiamo avvertito ammirazione per medici e infermieri e tutti coloro che si sono adoperati per curare, salvare, sostenere, rassicurare; ci siamo sentiti responsabili nei confronti dei più piccoli e dei più deboli: la prudenza e il rispetto delle disposizioni si sono fatti sempre più ampi e condivisi.
Non pochi hanno fortemente avvertito la solitudine e alcuni addirittura l’abbandono.
Siamo rimasti sconcertati nel momento in cui i gesti abituali e anche quelli della fede, sono scomparsi.
Ci siamo resi conto di una vulnerabilità, di una fragilità e debolezza che avevamo dimenticato.
Abbiamo riconosciuto in molti un sentimento di fede che non poteva esser solo riportato alla paura o all’attesa di un miracolo.
Con la diminuzione della violenza del contagio sono emersi altri sentimenti: lo smarrimento, la rassegnazione, la depressione, la rabbia, la rimozione, ma anche la determinazione, la speranza, l’impegno nel ricostruire le condizioni fondamentali della vita sociale.
Su tutti ha dominato un sentimento di solidarietà che ancora una volta ci ha stupito, allargato il cuore: un sentimento che non vorremmo veder svanire man mano diminuisce il pericolo.
Mentre scrivo, il sentimento che avverto diffuso è quello della “sospensione”: una miscela di attesa, speranza, determinazione, incertezza, confusione, contraddizioni, tensioni, paure …
L’oscurità, la solitudine, l’abbandono, il dolore, la sofferenza, la malattia e la morte, il senso di impotenza, lo strazio, la disperazione, hanno interrogato molti su Dio e, come i discepoli sulla barca evocata dal Papa, anche noi abbiamo avvertito l’intensità della drammatica domanda posta a Gesù che sulla barca squassata dalla tempesta, dorme: “Non ti importa che siamo perduti?”
Ora avvertiamo la necessità di individuare luci e segnali; di non dividerci, di condividere la “meta”; di mettere a frutto l’esperienza accumulata, di rallentare, di verificare la solidità della terra su cui si posa il piede, di non perdere la calma, di pregare… di non sprecare il patrimonio di dolore e di amore che abbiamo accumulato.
Abbiamo bisogno di esercitare la pazienza, come virtù.
Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte.
Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai.
La pandemia non è una parentesi, che prima o poi si chiuderà.
Oltre, e non dopo, la fase 1,2,3 … risuona un’istanza di cambiamento, di conversione: dalla prevalenza dell’indivi-dualismo ad un rinnovato senso di comunità.
La pandemia non è una parentesi per noi cristiani, che, mai come oggi, abbiamo vissuto insieme a tutta l’umanità, il mistero della Pasqua di morte e risurrezione.
La Risurrezione è l’annuncio che le cose possono cambiare. Lasciamo che sia la Pasqua, che non conosce frontiere, a condurci creativamente nei luoghi dove la speranza e la vita stanno combattendo.
+ Francesco Beschi